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Strade

16 luglio 2014

Strade

di Antonella Gaeta


Scelgo le STRADE, certa come sono che chi le percorre diventa strumento di creazione, fa e si lascia fare, introietta gli altri, sputa se stesso, glorifica il mondo perché lo tocca (il road movie, poi, è un’invenzione straordinaria e, certe volte, i film sanno esserlo). 

Nel novembre del 1974, Werner Herzog  apprende che Lotte Eisner, storica e studiosa del cinema tedesco, si è gravemente ammalata. Ritiene, allora, che fare a piedi la strada da Monaco a Parigi possa tenerla in vita. Strada uguale miracolo. L’assunto è straordinario, lo svolgimento - raccolto nel magnifico diario Sentieri nel ghiaccio- herzoghiano. 

Chi sa fare un film (e alla Festa del Cinema del Reale abita per giorni questo denso popolo, questa specie, stormo, squadra, truppa resistente, compagnia delle magie e delle finzioni, così come le intendevano i latini ovvero creazioni, invenzioni, idee) è proprio come chi sa attraversare bufere di neve, distese deserte, periferie, autostrade, reale e irreale, tramonti e albe a piedi, perché qualcuno o qualcosa resti in vita.

Alla fine della strada, quando arriva a Parigi, dalla Eisner, Herzog le fa una richiesta: “Apra la finestra, da qualche giorno io so volare”. E questo è lo scarto. Chi cammina, racconta, fa un film, prima o poi impara a volare. E, allora, sbiglietta voli anche a chi quei film li guarda e diventa prodigiosamente camminatore, pellegrino, sognatore, inventore e operatore di im/possibili miracoli per interposto sguardo.

Sono uno sciatore acrobatico,
mi stendo sulla bufera, per lungo,
gli spettatori intorno sono una foresta,
si sono fatti di sale,
la foresta spalanca la bocca.
Io volo e volo e non smetto

(W.H.)

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