Fughe nel reale di migranti, partigiane, artisti e matti
Le vie del cinemautografo
dialoghi tra il cameraman e il professore.
Professore: Si può mandare un messaggio: il messaggio è ... 'cinemautografo', cioè l'autografo del cinema, ecco.
Cameraman: Che cosa intende?
Professore: 'Cinemautografare' vuol dire lasciare un'impronta cinematografica che è la propria.
Cinemautografo è una parola e le parole creano. Filmare la parola, la bocca da cui nasce, la faccia, il corpo, la persona che la pronuncia, la stanza in cui si trova, il quartiere, la città in cui quella persona parla, racconta una storia, racconta di sè, della sua vita, quello che è stato, che è, che potrebbe essere ... Stop!
Professore: Uscire da se stessi, incontrare l'altro: succede in ogni inquadratura...
Ricominciamo, filmiamo di nuovo quella parola, oppure filmiamone un'altra improvvisando le variazioni.
Cameraman: Il motore è partito...(anzi non si è mai fermato )... Azione!
Ecco l'oggetto anzi il soggetto della ripresa: è la faccia del Professore. Il Cameraman guarda la faccia imprigionata dentro il rettangolo dell'inquadratura: il volto è come un paesaggio. L'ovale del viso, la bocca, i baffi, i capelli e gli occhi: dove guardano gli occhi? Gli occhi guardano in macchina e rischiano di bucare lo schermo! Stop, ricominciamo!
Professore: C'è, nella pratica del cinema documentario, una sorta di riduzione del cinema all'essenziale: corpo e macchina. E' un cinema povero, artigianale, poco adatto al passaggio al mercato o all'industria. Gli effetti sono più semplici, le messe in scena più sguarnite...
Il Cameraman e il Professore sono a tu per tu, in mezzo a loro c'è la macchina che riprende.
Il Professore non parla più, non dice una parola, non canta, non muove nemmeno un muscolo della faccia, ma i suoi occhi guardano in macchina, bucano l'inquadratura, lo schermo, l'occhio del Cameraman e anche quello del Montatore: il Professore c'è, ecco l'immagine di lui che guarda noi. è la sua impronta cinematografica.
Stop, buona questa!
è uno sguardo, una parola, una storia...è tutta roba che si proietta sullo spettatore.
Improvvisamente si sente una voce: "Cari spettatori, se volete conoscere altre storie venite alla Festa di Cinema del reale, a Specchia, giù nel Capo di Leuca, Finibusterrae, Terra d'Otranto, Salento, Mar Mediterraneo...
Se scendete troppo giù finite direttamente a mare e vi fate un bel bagno... il corpo si rinfresca, poi vi asciugate e tornate indietro.
Si comincia alle 21 ogni sera, in un bel castello sotto le stelle e la luna turchina: cominciamo con i film girati in famiglia o al lavoro da grandi cineamatori sconosciuti, sonorizzati e musicati dal vivo da artisti sensazionali, e poi presentiamo le opere di grandi filmakers più o meno conosciuti. Quest'anno proiettiamo le storie di persone fuori dalle regole: migranti, partigiane, artisti, matti che abitano o hanno abitato questo mondo. Raccontiamo le loro fughe nel reale quotidiano, anche le fughe fuori dal reale perchè la fuga è un'arte del movimento, il cinema è movimento, la vita è movimento e il cinema del reale riflette i moti del cuore, le gioie e i dolori della vita, le relazioni, gli eventi, i voli di farfalla e i piccoli gesti quotidiani,le storie di oggi, le cadute dei muri, delle torri, le cadute dei cameramen e quelle dei professori..."
Professore: La caduta è un'arte ...o meglio, esiste un' arte della caduta. La caduta è comica ma può anche essere tragica, secondo la mia teoria del possibilismo. La macchina da presa può filmare la caduta accidentale di un passante, oppure la caduta programmata di un attore che interpreta un passante... oppure si può convincere un passante a cadere come se fosse un attore, ma qui il discorso si complica.
Il Professore fissa negli occhi il Cameraman, che appare confuso.
Cameraman: Professore...
Professore: Oggi la realtà è scombinata! Noi viviamo in un mondo da ricostruire, viviamo in un mondo da ricostruire... Io sono anarchico, buddista e del Milan. Per quanto mi riguarda vado contro la morale corrente e le mode estetiche.
Cameraman: ...e il cinema?
Professore: Abbiamo bisogno di un cinema veritiero, spontaneo, d'azione...un cinema che porti alla conoscenza, ispirato dal bisogno di dire le cose come sono, un cinema rivoluzionario, curioso, spericolato... un cinema del reale!
Il Cameraman e il Professore si guardano attraverso la macchina.
Si sente di nuovo la voce metafisica di un commentatore fuori campo: "Cari spettatori, a Specchia potete incontrare autori e opere di arte necessaria e conoscere un cinema che racconta le cose del reale, che se ne infischia dei kolossal, delle fiction, dei reality, dei quiz e delle tragicomiche televisive..."
Professore: Il cinema è visione, non televisione.
Cameraman: ...Buona questa! Professore, me la può ripetere?
Professore: Il cinema del reale è altro, anzi è... Il cinema del reale è.
Per i dialoghi tra il Cameraman e il Professore si ringraziano: Prof. Vittorio De Luca, Prof. Antonio Medici, Prof. Jean -Louis Comolli